Le caratteristiche della sindrome autistica oggi

Il disturbo dello spettro autistico è una sindrome complessa ed eterogenea che, pur accompagnandosi ad un aspetto fisico normale, coinvolge diverse funzioni cerebrali, e che, quindi, richiede un approccio multidisciplinare al fine di individuare sinergie utili alla formulazione di proposte/azioni positive e condivise. É intorno ai due anni-tre che si può porre diagnosi di autismo, anche se alcuni segnali si possono cogliere precocemente. La diagnosi spetta al neuropsichiatra infantile, a cui in genere i genitori vengono indirizzati dal pediatra di base, che di solito è il primo a rilevare l’esistenza di un problema, anche grazie a quanto racconta la mamma. Va sottolineato come i pediatri si trovino in una posizione fondamentale per l’individuazione dei primi segnali d’allarme, per l’avvio del processo diagnostico e per l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e collaborazione con la famiglia. I bambini autistici sono fisicamente sani e si sviluppano come i loro coetanei normodotati, ma il profilo delle prestazioni è piuttosto disomogeneo; infatti l’autismo si manifesta mediante una vasta serie di sintomi tale da indurci a parlare non più di “autismo” ma di spettro autistico, nel quale possono essere ricomprese le seguenti caratteristiche, con livelli diversi di gravità e di funzionalità: la presenza di uno sviluppo notevolmente anomalo o deficitario dell’interazione sociale e della comunicazione; una notevole ristrettezza del repertorio di attività e di interessi; la presenza di comportamenti ripetitivi e stereotipati. Questi sintomi indicatori possono essere, a volte, accompagnati, con durata ed intensità diverse, anche da disturbi sensoriali, problemi del sonno, problemi nella alimentazione, scarsa autonomia, disarmonie motorie, disarmonie nelle abilità cognitive, autolesionismo, aggressività. Ad essere assente, o fortemente compromesso nell’autismo, è l’insieme di quelle attività attraverso le quali tutte le persone, indipendentemente dal luogo, dalle differenze culturali, di costume, di abitudini, riescono ad entrare in relazione con gli altri, a comprenderne gli stati d’animo, i bisogni, le richieste implicite. Le aree di alterazione comportamentale prevalentemente interessate, sono individuate grazie a dei parametri diagnostici elaborati e definiti nel DSM Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e nelll’ICD – International Classification of Diseases (Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie) dell’OMS – (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Fino alla penultima edizione del DSM-IV (1994) le due classificazioni coincidevano sostanzialmente nei criteri diagnostici per l’autismo, mentre con il DMS-V (American Psychiatric Association APA 2013), la nuova edizione del DSM, pubblicata nel maggio del 2013, sono stati introdotti numerosi cambiamenti. La prima sostanziale differenza tra le due edizioni del DSM è che nel DSM-IV si parlava di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” che si distinguevano in: disturbo autistico, disturbo di Asperger, disturbo disintegrativo della fanciullezza (o disturbo di Heller), disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e sindrome di Rett. Ora con il DSM-V (2013) questi sottotipi (escluso Rett) sono stati riuniti in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD – Autism Spectrum Disorders). La scelta di definire una sola categoria diagnostica, è stata motivata dalla difficoltà di distinguere nettamente i molteplici sintomi, anche se nella diagnosi vengono comunque considerati

e specificati i livelli di severità della patologia, le differenze individuali e l’associazione ad altre caratteristiche cliniche. Un’altra importante differenza consiste nell’aver sostituito la precedente triade sintomatologica con un raggruppamento dei sintomi in due categorie. In particolare, nel DSM-IV si parlava di: a) menomazione della reciprocità sociale; b) menomazione del linguaggio/comunicazione; c) repertori ristretti e ripetitivi di interessi / attività. Con il DSM-V le categorie di sintomi vengono ridotte a due: a) Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale (considerate come un unico insieme di disturbi pur conservando specificità contestuali ed ambientali; b) Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive. Nel tentativo di fornire un quadro di sintesi per una lettura globale della sintomatologia, tenendo comunque sempre presente la complessità e la molteplicità dei fattori che concorrono o possono concorrere, in diversa misura, a generare il disturbo, si possono individuare nelle due aree di alterazione comportamentale alcuni elementi funzionali:

Infine, l’autismo si presenta molte volte in comorbilità con altre patologie: l’iperattività, lo scarso mantenimento dell’attenzione, l’impulsività, l’aggressività, gli atteggiamenti autolesivi, gli attacchi di rabbia, l’ipersensibilità ai suoni o all’essere toccato, le reazioni esagerate alla luce o agli odori. Infine quando si parla di autismo, quasi sempre concentriamo la nostra attenzione all’individuo, non considerando le importanti ricadute che tale condizione ha sulle persone e sugli ambienti prossimali: la famiglia, la scuola, e più in generale la comunità. È noto che il livello di gravità e la comparsa dei sintomi dell’autismo è molto variabile, ed è proprio questa varietà a rendere difficile la comprensione dei comportamenti e la strutturazione di interventi adeguati e di conseguenza, chiunque si trovi ad occuparsi di una persona affetta da autismo è chiamato a fornire una disponibilità di tempo e di attenzione molto ampia ed a dotarsi di una resilienza non indifferente, ricevendo talvolta in cambio frustrazione relazionale, affettiva e isolamento sociale.

Eleonora Persichetti

 

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