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Una giornata internazionale dei disabili, anche le altre 364 lo sono

Non occorreva specificare una data per ricordare tutti coloro che ne soffrono almeno una (purtroppo), ma ne è stata scelta una e di conseguenza ci si adegua. Il 3 dicembre è la giornata internazionale della disabilità – se qualcuno lo dimenticasse – lo annoti su un taccuino. La disabilità andrebbe francamente considerata sempre.

Dedicare un giorno dell’anno, sembra quasi che sia solo in quell’occasione – in questo caso il 3 dicembre – alla disabilità. Gli altri giorni no. La disabilità dovrebbe avere sempre il suo spazio e chi ne soffre, affidargli o affidarle il ruolo principale. Chi ci vive accanto sta male per lui o lei, conviverci ancora peggio.

E’ un discorso a priori, per tutti coloro che soffrono di una disabilità particolare: fisica, psichica o mentale. Che sia grave o lieve, resta ugualmente un macigno sulle spalle che non sempre combatti e vinci, ma sovente ti rassegni e accetti la triste realtà. Quindi attenzione a essere meno superficiali e a comportarci bene.

Servirebbero trecentosessantacinque date e non una per ricordare i diversamente abili, mancano all’appello altre trecentosessantaquattro: assenze ingiustificate! Non immaginiamo nemmeno i disagi costanti che fronteggiano quotidianamente e i problemi che ne scaturiscono. E la pandemia ha accentuato tutto ciò.

Se prima il problema era sempre uguale ma forse gestito un po’ meglio, la pandemia e gli annessi confinamenti – noti a tutti da diciotto mesi circa ormai, col termine inglese lockdown, etimologicamente parlando – sono stati madornali per tutti coloro che soffrono di disabilità e non hanno la medesima autonomia di un normoabile.

Un incubo per tutti loro, soprattutto se si vive da soli o chi era solito stare con qualcuno e non era un parente stretto. Quando ci brontolavamo di restare a casa ventiquattro ore su ventiquattro, mettiamoci un attimo nei loro panni, chi stava male? Noi normoabili o loro disabili? Un esame di coscienza ogni tanto non guasta.

E’ nostra natura piagnucolare quasi su tutto, quando invece dovremmo farci il segno della croce ogni mattina quando ci svegliamo e ogni notte quando andiamo a dormire e ringraziare il Signore, perché c’è chi è più svantaggiato di noi e ha più forza d’animo di noi. Sono meno fortunati, ma più coraggiosi senza battere ciglio.

Perciò si ribadisce il concetto: è riduttivo dedicare una giornata alla disabilità a livello internazionale. Ogni giorno la disabilità è protagonista, ci insegna sempre qualcosa e il messaggio che ci trasmette è: non ti abbattere sul nulla, ci saresti a panni invertiti? Siamo più umili, pensiamo a loro e tacciamo.

Alfonso Infantino

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