
Ci lamentiamo sempre della scuola per come è strutturata, per come è organizzata, per degli atteggiamenti discutibili – per usare un eufemismo – che ci sono all’interno della stessa. Il tema principale è il bullismo, che purtroppo dilaga ancora negli ambienti, ove si dovrebbe meramente studiare e crescere.
Laddove c’è da allarmarsi, se i casi di bullismo non maturano tra i ragazzi medesimi, ma quando il ragazzo è la vittima e il carnefice è chi non ti aspetti: il docente. Sembra assurdo ma accade anche questo oggigiorno. E lì s’intuisce come siamo rovinati, se chi ha l’onere di educare, è il primo a sbagliare.
L’episodio più recente si è consumato in una scuola nella terza municipalità di Roma: protagonista una docente che ha messo sotto scacco un’intera classe. Quest’ultima in balìa di una figura, la quale “teoricamente” dovrebbe dare un esempio ben diverso, piuttosto che scivolare in un epilogo così degradante.
Per citare qualche scioccante aneddoto di cosa accadeva in aula: la docente inveiva contro gli alunni, li invitava a scrivere a chi volevano “morti” tra i compagni stessi, sia sul quaderno e sia alla lavagna. Addirittura, ironizzava su un ragazzo disabile, per le sue palesi difficoltà. Il colmo insomma.
Alla docente era stata affidata in principio sia la cattedra di matematica che quella di inglese. Ma essendo un caso reiterato e i genitori si sono lamentati contro la preside – perché questa storia va avanti da tempo – è stata rimossa la cattedra di matematica, per restare solo con quella di inglese.
C’è di più e che è giusto sottolineare: la docente soffre di patologie, le quali condizionano non poco la sua salute mentale. Dunque, non fa la bulla perché ci gode o le piace, ma ciò di cui soffre la inducono a comportarsi così. Non è un modo per giustificarla – assolutamente no – ma per spiegare il tutto.
Infatti, i genitori degli alunni – vittime di questa terribile storia – non ce l’hanno con la docente, ma con chi consente a una persona così di continuare ad esercitare la professione, nonostante le sue condizioni. Riassumendo, la preside è il bersaglio. Come darli torto?
Come si può permettere a una docente con patologie gravi di proseguire a insegnare, dopo quello che ha combinato? Ridurre le ore – togliendo la cattedra di matematica – non ha risolto la questione, anzi pure se il tempo con gli alunni si è accorciato, lei ugualmente si comporta male.
Una vicenda assurda, particolare, quantomeno surreale. Dispiace per gli alunni che devono patire questa situazione, la loro innocenza è eloquente. Sono solo vittime di una follia che doveva smettere già da tempo. Dispiace anche per la docente, la quale agisce senza avere la giusta padronanza mentale.
La responsabilità maggiore è della preside, menefreghista quasi di una situazione che le è sfuggita di mano: rischia di essere denunciata o querelata, sia lei e sia la docente. Maltrattare è un reato, figuriamoci se le vittime sono bambini o ragazzi e chi lo fa ha il ruolo di insegnare. Un ossimoro.
Alfonso Infantino