AttualitàCalcioComunicati StampaComunicazioneGiovaniSportViolenza

Roma, Foro Italico: fari puntati sull’odio nello Sport

In Italia è sempre più pesante il linguaggio volgare in ambito sportivo, soprattutto sui social media.  Facciamo il punto sull’hate speech.

In Italia, l’uso di un linguaggio volgare e l’aumento dell’hate speech nell’ambito sportivo rappresentano una tendenza in crescita, particolarmente evidente sui social media. Un’analisi su un campione di dati ha rivelato che quasi un commento su tre può essere classificato come hate speech, segnando un preoccupante incremento in questo tipo di comportamento. Al Foro Italico a Roma, il mondo dello sport, scende in campo.

Combattere l’Odio nello Sport: appello unanime del mondo sportivo

Il 25 ottobre presso la Sala Presidenti del CONI nel Foro Italico a Roma, si è svolta la presentazione del “Barometro dell’Odio nello Sport.” L’evento ha visto la partecipazione di autorevoli esponenti e testimonial del mondo sportivo, che hanno espresso un unanime rifiuto nei confronti della crescente minaccia rappresentata dal fenomeno dell’odio.

Vittorio Bosio, il Presidente nazionale del Centro Sportivo Italiano, ha dichiarato: “Il CSI è da sempre in prima linea nella promozione dello sport come mezzo di crescita, inclusione e dialogo. Non potevamo esimerci dal partecipare al progetto ‘Odiare non è uno sport.’ Abbiamo posto particolare attenzione all’aspetto digitale delle interazioni e delle relazioni, ormai spesso inquinate dall’uso dei social media, che troppo frequentemente sfociano in insulti, scontri verbali, parole offensive e minacce d’odio. Dobbiamo preservare lo sport come un gioco, una forma di divertimento, e impedire che si trasformi in un veicolo per l’odio. Ogni partita dovrebbe rappresentare un incontro, in cui gli avversari sono rivali, ma mai nemici.”

Questo appello unanime rivela un impegno forte da parte del mondo sportivo italiano nel contrastare l’odio e promuovere uno spirito di gioco e rispetto tra gli atleti e i sostenitori. La dimensione digitale e l’uso responsabile dei social media sono diventati temi critici in questa lotta, con l’obiettivo di garantire che lo sport rimanga un veicolo positivo di crescita e inclusione.

Hate Speech nello sport: preoccupazione sui Social Media

Questo fenomeno evidenzia come l’ambito sportivo sui social media sia diventato un terreno fertile per espressioni offensive e linguistiche aggressive. L’uso diffuso di linguaggio volgare e insulti rappresenta non solo una questione di cattiva educazione, ma anche un problema di rilevanza sociale e culturale.

Mentre l’hate speech aumenta, si nota una riduzione lieve della discriminazione, ma questo non basta a compensare il fenomeno più ampio e preoccupante dell’aggressione verbale online. Questa tendenza solleva questioni importanti sulle dinamiche sociali e comportamentali nell’era digitale e sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza e azioni mirate per contrastare l’uso di linguaggio offensivo e volgare nei contesti sportivi online.

Un milione di commenti d’odio

Nel campione analizzato, pari 3.412.956 su Facebook e 29.625 su Twitter, circa un milione di
commenti sono stati classificati come hate speech e di questi circa 200.000 contenevano almeno un
riferimento alla discriminazione.
Il calcio è il tema dominante nelle interazioni online: rappresenta circa il 96% dei post analizzati su
Facebook e Twitter.
Tutte le squadre di calcio mostrano livelli simili di linguaggio d’odio nel flusso dei commenti.

L’hate speech in salita e cala la discriminazione

Su Facebook, rispetto al 2019, anno della prima rilevazione, la percentuale di post senza commenti
di odio è diminuita dal 25,7% al 15,1%, mentre i post con più di 25 commenti di hate speech sono
aumentati dal 13,6% al 29,8%. Anche su Twitter, rispetto al 2019, la percentuale di hate speech è
cresciuta in maniera significativa: il 54,9% dei commenti è stato identificato come hate speech,
mentre nel 2019 era il 31%.
La dimensione più frequente è rappresentata dall’aggressività verbale con una percentuale pari al
67,3%, seguita dal linguaggio volgare con il 22,1%. Mentre discriminazione e aggressività fisica

registrano valori più bassi nel 2022 rispetto al 2019, passando rispettivamente da 7% a 6,5% e da
6% a 4,1%.

Calcio: fulcro dei commenti d’odio

Dalla ricerca si evince che oltre il 95% dei post analizzati riguarda il calcio e che alcuni personaggi
collegati a questo sport – calciatori, allenatori, commentatori e compagne di calciatori –
contribuiscono a generare un alto volume di interazioni a cui corrisponde una quota variabile tra il
10% e il 20% di volgarità, aggressività e discriminazione.
Nel complesso la ricerca evidenzia l’importanza di affrontare il problema dell’hate speech nello
sport online, promuovendo un ambiente inclusivo attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori in
campo.

Odiare non è uno sport: ecco il nuovo progetto

La ricerca rientra nell’ambito del progetto “Odiare non è uno sport” (AID 012618/4), realizzato con
il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo – tramite il bando “Educazione
alla Cittadinanza Globale” – e promosso dal Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo (CVCS)
in partenariato con 7 ONG italiane con ampia esperienza nell’educazione alla cittadinanza globale
(Amici dei Popoli ONG, ASPEm, CELIM Milano, COMI – Cooperazione per il mondo in via di
sviluppo, COPE – Cooperazione Paesi Emergenti, LVIA, Progettomondo); gli Enti di Promozione
Sportiva Centro Sportivo Italiano e Centro Nazionale Sportivo Libertas; Informatici Senza Frontiere
APS e ImpactSkills per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche; e due Atenei (Università degli
Studi di Torino e Università degli Studi di Trieste) per la realizzazione della ricerca e la
supervisione scientifica.

 

Un coro unanime avverso alla minaccia del dilagante fenomeno dell’odio

Andrea Pantano – Presidente nazionale Libertas

«Il progetto “Odiare non è uno Sport” è per noi estremamente significativo, perché ci permette di
contribuire alla costruzione di uno sport che sia luogo e ambiente sicuro, soprattutto per i giovani e
giovanissimi. Ogni parola che lede la dignità di una persona, che la ferisce e che la fa sentire un
bersaglio è pura violenza. Un’aggressione che può minare il delicato percorso di crescita dei nostri
ragazzi, facendoli sentire soli, sbagliati e fragili. Lo sport può e deve essere una possibilità di
autorealizzazione e di sperimentazione di sé, un posto in cui sentirsi sé stessi e al sicuro. Per questo
abbiamo scelto di far parte di questa importante progettazione».

Sara Fornasir – Coordinatrice progetto “Odiare non è uno sport”

«Il Barometro dell’Odio nello Sport documenta l’allarmante crescita di un fenomeno che definisce
con toni offensivi e discriminatori il contesto culturale in cui gli utenti del web interagiscono
quotidianamente. I giovani possono essere divulgatori di una comunicazione orientata invece al
rispetto e alla tolleranza, proprio per questo il progetto “Odiare non è uno sport” sviluppa un grande
numero di interventi educativi in classe e nelle società sportive che valorizzino i valori positivi dello
sport tra le nuove generazioni».

Mostra di più

Articoli correlati

Lascia un commento

Back to top button
×

Ciao!

Fai clic su uno dei nostri componenti dello staff di seguito per chattare su WhatsApp o inviaci un'e-mail a redazione@ugualmenteabile.it

× Come possiamo aiutarti