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5×1000, soltanto 1 italiano su 2 firma

In tempi di dichiarazione dei redditi BVA DOXA fa il punto sui comportamenti dei contribuenti riguardo alle donazioni. Un dato su tutti: solo 1 italiano su due destina il 5×1000 ad un ente non-profit. Tra le motivazioni:  mancata fiducia e scarsa dimestichezza con lo strumento

Milano, 13 giugno 2019 – È il periodo più caldo dell’anno per gli italiani alle prese con lacompilazione della dichiarazione dei redditi: secondo BVA DOXA, infatti, il 19% del totale dei contribuenti se ne occupa proprio nel mese di giugno. E tempo di dichiarazione dei redditi significa anche tempo di scegliere a chi devolvere il 5×1000, la misura fiscale che consente ai contribuenti italiani di destinare, senza oneri aggiuntivi, una quota delle proprie tasse (pari al 5per mille dell’IRPEF) a un ente del Terzo Settore. Un valore totale che ha raggiunto l’anno scorso il tetto dei 500 milioni di Euro previsti dal Governo a copertura del 5×1000.

NOTORIETÀ E FIRMA – Nel 2018, solo 1 italiano su 2 ha destinato questa somma a un ente non-profit. Eppure non si tratta di un tema di mancata conoscenza. A detta degli italiani intervistatinell’ottobre 2018 da BVA DOXA, quella non sembra mancare. Ben 8 italiani su 10 dichiarano di conoscere sia il 5×1000 che l’8×1000. Tuttavia, c’è un disallineamento tra notorietà (intesa comeconsapevolezza di queste misure fiscali e del loro funzionamento) e firma. Infatti, soltanto 4 italiani su 10 dichiarano di aver firmato l’8×1000 nel 2018. Guardando al 5×1000, è interessante analizzare le risposte in base alla tipologia dei contribuenti: i donatori (coloro che hanno fatto almeno una donazione per qualunque causa negli ultimi 12 mesi) sono più propensi a firmare per il 5×1000 rispetto ai non donatori, anche se c’è ancora una percentuale piuttosto considerevole di donatori (ben il 35%) che, pur essendo già sensibile nei confronti delle cause di solidarietà, decide di non indicare un ente non-profit a cui destinare questa somma.

Riguardo alla modalità di presentazione della dichiarazione dei redditi, sempre stando ai dati BVA DOXA, la metà degli italiani preferisce recarsi al CAF, mentre il 22% si affida al commercialista e il 19% lascia questo compito al datore di lavoro. Solamente la metà dei contribuenti che si rivolgono al CAF e al commercialista firmano per il 5×1000; nel caso la presentazione della dichiarazione ricada sul datore di lavoro vi è un ulteriore forte scostamento al ribasso con appena il 4% pronto a sostenere un ente non-profit con il proprio contributo. Ancora marginale il numero degli italiani che si affida ai servizi telematici (soltanto il 2%).

MOTIVAZIONI – L’indagine BVA DOXA è entrata nel merito anche delle motivazioni addotte per la mancata firma, nonostante il 5×1000 – esattamente come l’8×1000 – non preveda alcun aggravio di spesa per i contribuenti che versano regolarmente le tasse. Le spiegazioni sono molteplici: dal generico “non so come e dove farlo” (per il 18%, in crescita rispetto al 9% registrato nel 2017) al“non mi fido, non posso verificare” (per il 14%, in calo rispetto al 29% del 2017, il che indica che sono stati fatti passi avanti in termini di rendicontazione). Ma soprattutto, BVA DOXA rivela come siano principalmente i “donatori” a manifestare difficoltà nel sapere come e dove firmare (il 27% di loro) e come addirittura alcuni si giustifichino indicando come spiegazione “faccio già altre offerte e donazioni” (il 10%), non tenendo conto del fatto che la quota delle proprie tasse destinata con il 5xmille non incide sul proprio portafoglio e andrà comunque destinata altrove, a prescindere dalla propria scelta.

Chi invece decide di scegliere un ente non-profit, viene guidato soprattutto da alcuni driver di scelta: il 43% sceglie lo stesso ente del passato (in particolare il 51% dei donatori, per i quali sono utili anche brochure e volantini ricevuti dall’associazione destinataria) mentre il 19% segue il suggerimento di amici, parenti o conoscenti (donatori e non donatori indistintamente). Fondamentale per il 16% dei non donatori il consiglio del CAF e del commercialista, mentre questa voce scende al 6% per i donatori. In generale, soltanto l’1% dichiara di compiere la propria scelta grazie a input ricevuti dalla pubblicità.

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