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In due anni un ragazzo su quattro ha lasciato la scuola. La causa? La DAD

Nonostante siano trascorsi due anni da quando è scoppiato il caos a causa della pandemia, paghiamo ancora caro lo scotto che essa stessa ha comportato e comporta a tuttora. Non occorre neanche fossilizzarsi a pensare in quale campo o contesto alludiamo, perché le conseguenze si registrano ovunque.

Tra quelli ad accusare maggiormente il colpo è l’istruzione: la scuola, l’università. Entrambe ancora sono alle prese degli strascichi che il covid-19 ha provocato, tornare a quella normalità che c’era fino a dicembre 2019, è ancora una montagna da scalare. Al momento risulta insormontabile.

Tralasciando un attimo il discorso legato al rendimento, il problema cruciale e attuale è un altro: sociale e allo stesso tempo sociologico. La pandemia ha allarmato i ragazzi, al punto da rinunciare a studiare. Non tanto abbandonare l’università, ma addirittura la scuola. Su questo c’è da interrogarsi e dibattere.

Abbandonare la scuola per una mera ragione: la DAD – la didattica a distanza. Quest’’ultima è stata l’artefice di questa folle idea di lasciare la scuola: secondo quanto indagato da Ires-Spi e da Cgil-Udu, un ragazzo su quattro ha deciso di congedarsi anzitempo dalla scuola, a causa della didattica a distanza.

Prima della pandemia era solo il 7,2 % dei casi, ad oggi questa percentuale è quasi triplicata. La DAD è nata in origine come compromesso per ovviare al problema di stare in troppi in un’aula, onde evitare di contagiarsi. Da una risorsa emergenziale, è diventata la DAD un problema reale.

Al punto da indurre ad un ragazzo su quattro di lasciare la scuola nell’ultimo biennio. È una questione complessa che implica rifletterci su, perché da come sembra, la situazione propende più a degenerare che a progredire. Bisogna stroncare sul nascere questa tendenza e invertirlo quanto prima.

Alfonso Infantino

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