La prossemica del disabile
La prossemica è una vera e propria scienza che studia lo spazio e le distanze di ognuno come una forma di comunicazione.
La prossemica del disabile diventa qualcosa di più complicato. Infatti come scrive nel suo libro “Stigma” Erving GOFFMAN la persona, perché sia presente nella società, occorre che sia “Riconosciuto e Riconoscibile”. Ogni disabile di fondo rientra in questo schema con risultati più disagevoli che favorevoli. Automaticamente si viene sviliti in una posizione di “incapacità” a svolgere qualsiasi cosa di generico. Se si ha un problema ad un arto viene automaticamente preso in considerazione che la totalità della persona sia incapace di fare qualsiasi cosa.
La prossemica del disabile
Anche il punto di vista dell’ambiente spesso è differente, quando il visus o la collocazione creano una prima differenziazione con l’alterità. La prossemica del disabile aumenta, distorce, modifica la comunicazione che si crea attraverso le posizioni e le distanze. Succede anche fra due o più disabili con difficoltà differenti. Sul piano psicologico attraverso la prossemica, scienza che esamina e trae conclusioni tra lo spazio e le distanze, si scoprono molti significati. Le personali dinamiche mentali identificano e creano le distanze materiali o mentali con varie possibili significazioni relative. Ogni uomo tende ad interporre “spazi” tra sé e l’altro.
Spazio
Attraverso la comprensione del meccanismo della prossemica, la stessa può diventare di elevato e forte aiuto nelle relazioni sociali. La prossemica del disabile ha un’importantissima funzione sia nel giudizio che ogni persona dà all’altro sia nel rapporto che intercorre con una persona svantaggiata.
Occorre mettere da parte come prima cosa la pretesa che una persona con difficoltà si “sposti” per favorire il passaggio. Nei paesi cosiddetti “civili” succede il contrario in base a universali regole sociali non scritte.
Non meno importante il tentativo di “sostituirsi” al diversamente abile decidendo al posto suo. Ad un cieco NON gli si prende la mano per fargli prendere qualcosa MA lo si indirizza attraverso una pacata voce. Per chi è carrozzato il disagio più fastidioso è essere “portato” al di fuori della propria volontà. Questi rientrano in atti di prevaricazione che vanno ad incidere fortemente sulla costruzione identitaria del Sé coeso. È variabile in base all’età del soggetto: più è avanzata più il Sé (integro o no) è formato e quindi più duttile e resistente.
Cosa fare in determinate situazioni
Cosa fare?
Il comportamento più semplice: rispettare, ascoltare, osservare, dialogare, compartecipare empaticamente.
L’eccesso di “buonismo” è particolarmente deleterio. Il soggetto è principalmente una persona, solo poi anche un disabile. Ha diritto ad esprimersi, a provare e a sbagliare. Non cerca maggiordomi o dame di carità ma interlocutori che condividano giustamente lo spazio prossemico tra loro.
Soprattutto evitando accuratamente gli apparentemente “normali” che a volte si impegnano a diventare interiormente inabili anche gravi. Molti. Troppi.
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